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CAPITOLO XVII [Capitolo del Malcontento]
AL SIGNOR SANSEVERINO NANO FAVORITISSIMO
DEL SIGNOR PRINCIPE DI BISIGNANO550
Capriccio in laude del giuoco del Malcontento551
ALLO UNICO SIGNOR SANSEVERINO RE DI TUTTI I NANI.
Mi commandò più volte con prieghi, sì come è usanza sua, il cortesissimo signor vostro,
ch’io scrivessi qualche cosetta a voi, argomentando che, poi ch’io celebrai morta Cintia,
nana della illustrissima signora del Vasto552, non era indegno che celebrassi voi suo
nano vivo et non men* bello nel vostro sesso che fusse ella nel suo. Ho ubidito et v’ho
scritto le laudi del Malcontento, gioco vie più che tutti gli altri a voi caro et vie più che
tutti gli altri picciolo et gratioso. Piacessi** a Iddio ch’io potessi usar quella delicatezza
et acutezza nelle parole mie che usò Natura nelle membra vostre, ché non è core sì
duro ch’io non lo trapassassi. Ricevete il dono et la volontà, la quale non è meno di
gradirsi per la grandezza sua, che siate voi per la picciolezza vostra. Di Napoli a X di
settembre del XLVII. Tutto vostro L. Tansillo.
******************
Sanseverin, su la mia fe’ vi dico
che, se ben sète novo, io v’amo quanto
un che mi fusse di molti anni amico. 3
V’amo sì forte che talor mi spanto553,
per dirlo a la spagnuola, come nasca
d’un uom sì picciolino un amor tanto. 6
Quando avien ch’io m’attristi o ch’io m’irasca,
il veder voi m’acqueta et mi rallegra:
voi sète quasi una mia nova pasca554. 9
Non ho la mente mai sì fosca et negra
che ratto non rischiari et rasserene,
vedendo in voi quella faccina allegra. 12
V’affetto insomma et vi vo’ tanto bene,
che cangierei per voi vita et paese
et m’aprirei per voi tutte le vene. 15
Non perché sète caro al più cortese
et più dal mondo amato, et con ragione,
prencipe555 che già mai si vide o intese, 18
io vi porto cotanta affettione,
benché questo rispetto per sé solo
basti a farvi adorar da le persone; 21
ma v’amo perché sète un uomicciuolo
il più acconcio, il più picciolo, il più corto
che nacque mai da l’uno a l’altro polo. 24
Sète galante, accostumato, accorto,
avete bello il corpo, et l’alma bella
non ha né l’un né l’altra in sé del torto. 27
Avete un tuon di voce e una favella
straniera et nostra, et non so come mista,
che par che l’alma di piacer mi svella. 30
Chi facesse un quinterno et una lista
de le parole vostre, avria in quei detti
materia da far lieta ogni alma trista. 33
Quando dite la causa per gli effetti
et quando usate certe abbreviature,
sempre ha nel vostro dir novi intelletti. 36
Usate più colori et più figure
che non fanno i poeti et gli oratori,
quando vonno dar gracia a le scritture. 39
Voi, posto ne l’altezza de’ favori,
gli usate in modo et è pur cosa rara,
ch’ogniun convien che v’ami et che v’onori. 42
Io vedo il buon commendator Pescara556,
che ’l suo Sanseverin ama più forte
che qualsisia gran cosa a lui più cara. 45
Et tutto il rimanente de la corte
v’amano et riveriscono egualmente,
o sian di bassa o sian di nobil sorte. 48
Or, perché sète un uomo sì eccellente
et perché sète caro al signor nostro557,
a cui desia servir tutta la gente, 51
io cerco con la lingua et con l’inchiostro
darvi qualche piacer, sapendo chiaro
ch’è più che piacer suo il piacer vostro. 54
Et perché vedo quanto vi sia caro
giocar al Malcontento spesse volte,
gioco degno d’un uom come voi raro, 57
vuò narrar parte de le molte et molte
laudi di cotal gioco et dei gran fatti,
purché la vostra cortesia m’ascolte. 60
Finché l’alta materia io stenda et tratti,
caro Sanseverin, non vi sia grave
sedervi in pace et far tregua con gli atti. 63
Io dico che nel mondo oggi non have
più bel gioco di questo et più spedito,
et più schietto et più lieto et più soave. 66
Giocheran dieci o venti in un convito
et ciascun gioca assiso ove si trova,
senza che l’un da l’altro sia impedito. 69
Non men chi perde che chi vince prova
la dolcezza del gioco, et s’ha di riso
ad or ad or sempre materia nova. 72
Quel che in piè guarda et quel che gioca assiso,
la parte del piacer parimente hanno:
ciascun vi gode come in Paradiso. 75
Non vi si può temer frode, né inganno,
né perder troppo: il vincer d’una volta
di quaranta perdenze rifà il danno. 78
O mi sia data carta o mi sia tolta,
ho sempre nova spettativa inante
di veder come la fortuna volta. 81
Non è bisogno ch’io rivolga tante
carte, et getti et raccoglia et conti et parta:
noia a chi gioca et noia al circostante558. 84
Io fo qui il fatto mio con una carta,
con una carta ch’a pena si tocchi
di molti accoglio la moneta sparta. 87
Non è come la noia de’ tarocchi,
ch’a volger tante carte par che stracchi559
non pur le mani ma, a vederle, gli occhi560. 90
Né men come la flemma degli scacchi ,
che tiene tanti officii et tanti gradi
et vi son tanti matti et tanti schiacchi561; 93
né men come il crudel giuoco de’ dadi,
che ritrovar cagion per me non vaglio,
ond’è ch’al mondo il crudel laccio agradi562. 96
Il dar di palla al muro, il trar col maglio563,
c’han mestier di gran forza et di gran magna,
son giochi da periglio et da travaglio. 99
Cedagli la primiera564 d’Alemagna,
el gioco di trionfo et di runfetto 565
e ’l tre dua asso, ancor che sia di Spagna566. 102
Essaminate pur con l’intelletto
ogni gioco ch’al mondo sia entrodutto,
ch’a ciascun trovarete il suo difetto. 105
Il Malcontento solo egli è buon tutto,
né cosa mala in lui si trova o vile,
come in voi non si trova membro brutto. 108
Non senza causa, Sansevrin gentile,
è questo gioco a voi sì caro, poi
che sète l’un a l’altro assai simile. 111
Son molti gli onor vostri et molti i suoi:
voi tutto gratia, il gioco gratioso,
picciolo è il gioco et picciol sète voi; 114
voi sète a chi vi vede dilettoso,
il gioco quei che l’usan tra’ di guai;
voi pien d’ingegno e il gioco ingenioso. 117
Volete voi veder s’egli è d’assai567
il Malcontento et a signor somiglia,
che con pochi si sta raro o non mai? 120
Sempre richiede intorno gran famiglia
et se talor tra pochi giocherassi,
poco piacere il giocator sen piglia 123
Et perché ’l tempo da signor più passi,
come colui che sopra gli altri regna,
ha sempre per buffoni i suoi quattro assi. 126
In ogni gioco ch’a scoprir si vegna,
un asso almeno sempre vi si scorge,
a ciò ch’in riso la brigata tegna. 129
Tantosto che de l’asso l’uom s’accorge,
come fusse un serpente o un carbone,
di man sel toglie et al compagno il porge. 132
Et questa credo fusse la cagione,
perché i pittor di carte, c’han del dotto,
diedero a l’asso forma di dragone. 135
Fate un po’ dirvi da messer Giannotto568,
quando egli ha un asso in mano di segreto:
non par che ’l dito gli sia morso o cotto? 138
Ma in veder l’asso il cavallier discreto,
a ciò che col sembiante il ver non spiane,
stringe la carta et si fa in viso lieto. 141
Ha mille altre dolcezze nòve et strane
questo gioco divin, di cui si parla,
che contar non le pon le lingue umane. 144
Non è dolcezza questa da invidiarla,
che se ’n man tengo cosa ch’io non voglia
et me ne vien desio, posso cangiarla? 147
Dirà qualcuno: – Et s’averrà che toglia
cosa che più che quella ti dispiaccia,
non ti sarà cagion di maggior doglia? 150
Rispondo: – Basti ch’uom si sodisfaccia
et cerchi tôrre il meglio a suo potere:
l’esito sia quel ch’a la sorte piaccia. 153
Or non saria grandissimo piacere,
sì come qui si cangiano le carte,
che tra noi si cangiasser le mogliere? 156
Si cangiasser le membra o tutte o parte,
sì che desse a le genti la fortuna
quel che lor niega la natura e l’arte. 159
Io so c’avria facende la fortuna,
femine et maschi veneriano a porvi,
ciascun voria tentar la sua fortuna. 162
Petti esil, ventri gonfi, omeri córvi,
piè soverchi, man corte, orecchie estense,
gran bocche, nasi scemi et occhi tórvi, 165
si vedriano apparir sovra le mense
et mille altre bellezze alte et mirande,
ch’avien che ’l cielo tra mortai dispense. 168
So che ’l principe nostro569 per uom grande,
et voi per picciolin, non trovareste
che guadagnare in queste o in altre bande; 171
ché quanto potea dar forza celeste
qua giù di bello a duo corpi diversi,
tutto nascendo ambo voi duo l’aveste. 174
Così il potere avessero i miei versi,
come io di dirlo al mondo avrei diletto,
né mai più lieto le mie labra apersi. 177
Lasciamo a parte il prencipe, suggetto
grande, ma canterei sera et matina
di voi, Sanseverin mio pargoletto. 180
Voi sète gemma oltr’ogni gemma fina,
ch’asconde in picciol corpo gran virtute
et perché è preciosa, è picciolina. 183
Così mi doni Amor la sua salute,
come voi sète un leggiadretto vaso
pieno di gratie mai più non vedute; 186
un fior che splende agli occhi, odora al naso,
diletta al gusto, un ramuscello, un pomo
da Dio produtto ad arte et non a caso. 189
Sète oltra a questo un valentissimo uomo,
ch’ingiuria altrui non sopportaste unquanco570
et più d’un paio avete vinto et domo. 192
Io so che combatteste a campo franco
et fu il combatter degno di memoria,
ch’al nemico d’un colpo apriste il fianco, 195
et non fu senza sangue la vittoria,
c’avete i segni ancor de l’altrui spada
a la gamba e a la man per maggior gloria571. 198
Ma dove sono uscito fuor di strada?572
Tanto è il piacer ch’io prendo di lodarve,
che non m’accorgo ove la lingua vada. 201
Dico che quando il Malcontento apparve
nel mondo, alora ogni piacer vi nacque
et ogni noia subbito ne sparve. 203
Si rallegrò la terra et l’aria et l’acque,
et la tristezza si stracciò le chiome,
cotanto il nuovo gioco le dispiacque. 206
Il mal, c’ha il Malcontento, è il brutto nome,
ma a ciò che a voi né altrui non dia spavento,
vi mostrerò il contrario e udite come. 209
Si chiama questo gioco il Malcontento,
però ch’è tanto il suo piacer che sforza
chi gioca a starsi anco nel mal contento. 212
Ancor che perda il giocator, gli è forza
ch’allor più rida et burli et scherzi et ciancie,
quando più sente allegerir la borza. 215
Negli altri giochi al perditor le guancie
si spargono talor di pallidezza
come incontro gli andassen spade et lancie. 218
Più vi vuò dir. Se tanto il mondo apprezza
la lunga antichità, che di lei senza
non è né nobiltà, né gentilezza, 221
merita il Malcontento riverenza
più ch’altri et che le dian le genti intorno
non pur di signoria, ma d’eccellenza. 224
Non eran stati in paradiso un giorno
Adamo et Eva che, da poi mangiate
le poma, questo gioco cominciorno. 227
Nacquer le genti et crebber le brigate,
il cominciato gioco a poco a poco
andò passando d’una in altra etate. 230
Et tanto oltra passò, che non è loco
sovra la terra dove et giorno et notte
non diano opra le genti a questo gioco. 233
Mentre visser pei boschi et per le grotte
d’acqua et di ghiande, et fûr rozze et selvaggie,
non fûr del Malcontento molto dotte. 236
Ma poiché campi et monti, et valli, et piagge
sparser di case et di terre et di ville,
più vi giocaron quanto più fûr saggie. 239
Talché non troverete oggi fra mille
un uom che ’l Malcomtento non adopre
il dì et la notte, a l’alba et a le squille. 242
Tra quanto vede il ciel, tra quanto copre,
il Malcontento signoreggia et pote
in tutti gli essercitii, in tutte l’opre. 245
Giocan le genti dotte et le idiote,
quei che sudditi son, quei che son capi,
Et le turbe vicine et le rimote. 248
Villani, gentiluomini, satrapi,
conti, marchesi, duci et quei ch’adora
il mondo, regi, imperadori et papi, 251
giocano al Malcontento a ciascuna ora.
Si gioca ne le case et ne’ palazzi,
ne’ monesteri et ne le chiese ancora. 254
Tutti, o sian vecchi o gioveni o ragazzi,
i savii son del Malcontento amici.
Quei che vi giocan meno sono i pazzi. 257
Gli innamorati, o miseri o felici,
e i cacciatori et di penne et di pelo,
che sogliono del gioco esser nemici, 260
più che gente che viva sotto il cielo
giocano al Malcontento, e i viandanti
vi giocan più quando han più caldo o gelo. 263
Io son d’oppinion che in terra, avanti
ch’a godersi nel cielo andasser lieti,
giocâro al Malcontento tutti i santi. 266
Et m’han giurato più di quattro preti
che non passa mai giorno, et ora forse,
che non vi giochi il cardinal di Chieti573, 269
et che più di due volte il papa torse
il piè dagli altri e ’n cammera si chiuse574,
perché potesse a questo gioco porse. 272
Ne’ monesteri de le donne chiuse,
se ben si cerca l’universo a tondo,
via più che ’n altra parta credo s’use. 275
A che più mi dilato et mi diffondo,
una breve sentenza il tutto serra:
che ’l Malcontento signoreggia il mondo. 278
O gioco nato a dominar la terra,
a conquistar il ciel, gioco disposto
a metter pace ovunque fusse guerra, 281
gioco di gran piacer, di picciol costo
e d’util grande, gioco d’esser degno
a tutti per prammatica anteposto! 284
Perdona a la poco arte, al poco ingegno,
s’io t’ho poco lodato et s’io non giungo
de le tue laudi ragionando al segno. 287
Ma troppo, Sansevrino, io mi prolungo,
male osservo il decoro del poeta,
voi sète corto et io v’ho detto a lungo. 290
Tanto è la lingua mia di correr lieta
per questo campo a voi sì grato, ch’essa
non vorrebbe mai giungere a la meta. 293
Vedo che l’ora del cenar s’appressa
e ’l vostro cavallier par che importune
che la vivanda a tavola sia messa. 296
Sanseverin gentil, quando il commune
padron tempo vi dà, fatemi gratia
spender a questo gioco et soli et lune. 299
Non sia la man già mai stanca né satia,
giocate sempre, o siate molti o pochi,
o corra la ventura o la disgratia. 302
Pensate a ciò che più ’l desio v’infochi,
quando avete le carte ne le mani,
che il Malcontento è il re di tutti i giochi 305
come Sanseverin di tutti i nani.
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Tansillo
extended biography in
http://ia600502.us.archive.org//load_dj ... pgoog.djvu
Dedication to (?)
Pietro Antonio Sanseverino (1508–1559), 6. Duca di San Marco, 4. Principe di Bisignano;
***************
The short passage in the poem was reported and referenced by Nicola Antonia de Giorgio in "Playing Cards and Tarots in Naples, 15th-18th century", IPCS vol. 34, number 2, p. 101 (2005)
In the same article the "Gioco del Malcontento" appears in a decree on 6th of April 1585, confirmed 23rd of January 1586, where it is counted as a lawful game in this row: "A piccetto, tarocchi, venti figure, gilè, sbracare, al malcontento, a trapolare, alla gabella, a primiera ordinaria, a primiera scoperta, seu sommaria, et a runfo."